Torna indietro a: Critica
Volumetrie dello Spirito
di Leo Strozzieri

Le nuvole pur essendo della terra appartengono alla sfera celeste: esse, assetate di liberta, si librano negli spazi come leggeri aquiloni. Chi non ha mai sognato di cavalcarle almeno una volta per provare l'estasi della liberta dello spirito? L.S. Dopo le prime prove iconiche: una serie di dipinti sul tenia romantico delle foglie autunnali, simulacri in certa misura del rapporto tra la realtà e la sua ombra, Lia Garofalo è approdata ad un codice linguistico minimale teso a rappresentare più l'idea della realtà che 1'immagine di essa. Ed eccoci allora ai cicli pittorici segnati dalla presenza delle nuvole, un topos del suo discorso che la brava artista aquilana sviluppa anche nelle opere esposte in questa mostra presso la prestigiosa Sala Trevisan di Giulianova. uno degli spazi espositivi abruzzesi più accreditati. Nuvole che potremmo definire "volumetrie dello spirito", in quanto epifania delle aspirazioni, dei conati, delle verticali accensioni estatiche dello spirito. Volumetrie con esiti plastici resi pittoricamente senza tentazioni descrittive, come è giusto che sia in conformità del temperamento dell'autrice, schiva dell'immanenza ed attratta invece dalla prassi ascetica, Garofalo, a suo modo, in questa fase post-realistica della sua ricerca, sembra nutrire simpatie verso la poetica informale con vaghe suggestioni surrealiste, per quella patina di esistenziale dissolvenza che ad esempio connota il mirabile pianeta onirico. Ritengo questa sua esperienza una sorta di saison en enfer, dopo la quale è dato supporre 1'artista restituisca razionalità ed orizzonti spirituali alla sua pittura. Nelle nuvole spesso è sedimentata l'eco dei drammi sociali (si pensi alle vicende drammatiche dell'11 settembre riguardanti le Torri Gemelle a New York), resi con fiammeggianti tessere cromatiche in grado di squarciare l'impaginazione apollinea dell'opera. Comunque sempre le nuvole dialogano con lo spazio ove prendono corpo volumetrie marmoree stratificate in cerchi concentrici, metafora di quel respiro di libertà piena alla quale 1'artista vuole condurre lo spettatore, che registra con meraviglia quasi il solidificarsi d'un simile anelito intrinseco al cuore umano. Come dire: gli accavallamenti con gli aloni anellari per lo più monocromi e sempre ribollenti nella loro avvolgente, barocca rotondità, diventano segno epifanico di una interiore letizia che si genera in uno spirito puro. E' doveroso rilevare come questo sentito concettualismo radicato in una convinta dottrina libertaria dell'essere umano non sia stato espresso in maniera eccessivamente apologetica sì da soffocare altri suggestivi abbellimenti lirici di cui si parlerà più avanti, avendo esso la corsività d'un'idea appena abbozzata. E' come se Garofalo, rivolta verso il cielo, avesse preso appunti per concretizzare pittoricamente la sua visione spiritualistica del mondo. I suoi appunti, veri brani di cielo intuito oltre le nuvole che rappresentano pur sempre un diaframma che coarta la visione della serena Bisanzio, a me propongono una nutrita sequenza di indicazioni liriche: si va dal connubio tra forme organiche ed esilaranti didascalie fumettistiche, al fenomeno interattivo della coagulazione prima e dell'evaporazione poi, per non parlare delle ritmiche iterazioni circolari a fondamento delle quali si presuppone vi sia una "vis genesiaca" irrefrenabile; e poi il piacere del recupero della tradizione barocca che sempre affascina gli amanti del bello, dell'estetica, a cui è di nutrimento la componente decorativa. E come non scorgere in quei cumuli gravidi di luce meridiana o serotina che sia, così come avviene in natura allorchè si contempli le frequenti teorie di cirri che sovente presiedono il nostro bel cielo mediterraneo, figurazioni le più svariate: uccelli, condottieri, mitologici ippogrifi, nivee e vaporose cascate di acque sorgive, frammenti di architetture, piste per arcaici atleti, processioni di anacoreti oranti, tessere di pitture rupestri o surreali nella loro effervescente casualità, trasparenti mantelli appositamente preparati per adornare moderne vestali dopo il loro atto di consacrazione al Dio-Sole. E proprio questa ipotesi di lettura lirica ad essere la più plausibile per comprendere appieno l'attuale fase della ricerca pittorica di Lia Garofalo, impegnata com'è a sviluppare magiche damascature di luminosità. La luce è per lei contrazione ed espansione, ovvero respiro dello spirito. Ecco, proprio lo spirito. come alito vitale, strutturato con forte plasticità negli spazi delle sue tavole, e forza-motrice/matrice che spinge verso l'alto in un visionarismo millenario e cosmico le masse equoree e luministiche in perenne fibrillazione energetica. E vedo anche in questo spirito vitale quel sottile cordone ombelicale d'anemnesi biblica a cui l'artista molto tiene, che rimanda al "RUA-CH" della Genesi, che si librava sulla distesa delle acque in un sottinteso compito demiurgico. Le opere esposte in mostra, da leggere come ideale viaggio spirituale dell'autrice, trovano la loro naturale postfazione nelle quattro stupende lunette eseguite durante le scorse festività natalizie e dunque recentissime. Per la loro conformazione evocante omologhe opere d'arte sacra collocate sulle facciate di chiese romaniche, esse rappresentano quella sottile veste teologico-cristiana alla luce della quale lei registra minuziosamente le proprie visioni reali o oniriche. In queste lunette più che mai Garofalo riconosce i segni della Verità che sfugge ai troppi retori del nostro tempo. Una verità armonica e unitaria aperta alla dialettica tra una sfera spirituale a cui è necessario ci si rapporti e quella terrestre da cui si irradia una deriva del senso dell'essere. Dialettica anche tra calligrafia e corsività aspirazione e consapevolezza del limite. Le nuvole perimetrate nelle lunette, cosi come quelle recensite nelle altre opere sono costruite su una quota di autoreferenzialità dantesca e precisamente purgatoria. Le sue volumetrie nubiliari rappresentano la fase intermedia di purificazione del reale. Intanto esse si sviluppano in chiave luministica (sembra anzi che proprio la luce al loro interno generi quella sorta di entasi o rigonfiamento caratteristico in architettura), ma poi si legge un'insopprimibile esigenza di invasione libertaria degli spazi da parte dello spirito liberatosi da vincoli gravitazionali. In definitiva si può ben dire che queste opere, oscillando tra i lacci della terra ed il regno estatico della luce ed intrise di espressionismo spiritualista, traducono in termini pittorici la cosiddetta "poesia della soglia". Hanno la funzione testimonial d'un'ascesi ancora incompleta, com'era per il viaggio dantesco descritto nella seconda cantica; le sagome che Lia Garofalo offre al fruitore, emergenti da quelle nuvole, appartengono si al cielo, pero non ancora svelato nella sua interezza. E questa fase cruciale intermedia nella quale lo spirito si divincola dalla pesantezza della materia, che l'artista ha registrato con minimalismo iconico sulle tavole esposte. Pur concentrata sulla poesia delle nuvole, la sua attenzione in realtà è stata come fuorviata da una "sapienziale" ed inopinata risoluzione dottrinale di alto profilo, Al sogno breve delle nuvole era giusto affiancare l'armonia rapace dello spirito.

d