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Dalle Metafisiche maree alle Fluttuazioni
di Antonio Gasbarrini

Sottolineavo già, nel mio testo di presentazione in catalogo al precedente ciclo pittorico Metafisiche Maree di Lia Garofalo, l'intrinseca urgenza gestuale della sua poetica, sostanzialmente compressa da una delle due componenti tematiche affrontate (metafisica), con queste parole: «II cinetismo, il dinamismo delle masse, fortemente sentito da un'artista gestuale come Lia Garofalo - ed in un certo qual modo mortificato dalla camicia di forza metafisica atemporale sostenuta teoricamente da approfonditi studi filosofici - si ribella ad un certo suo appiattimento con l'empito e la forza delle trasparenze di bianchi e blu (onda-mare, ma anche cielo-nube) in cui il punto di massima espansione dovuto all'attrazione gravitazionale viene a coincidere con il momento del deflusso della marea». Urgenza venuta fuori in questo nuovo, organico ciclo delle Fluttuazioni ove il qui ed ora, l'hic et nunc dell'immanenza fenomenologica presuppone il reinserimento di quella stessa dimensione temporale provvisoriamente neutralizzata nelle Metafisiche maree. Da qui una vorticosa resa cinetica di lacerti pittorici in sommovimento con il loro incessante farsi e disfarsi nella forma, risolta poi nel respiro concitato di colori timbrici combinati per accentuare - pur nel caotico divenire della materia - il flusso e lo slancio di energia vitale, l'&eacutalan vital di bergsoniana ascendenza. E, mentre le metamorfosi di Ovidio presupponevano una metafora figurativa incentrata sul subitaneo cambiamento di un corpo umano in una diversa entità morfologica dalle nuove sembianze zoo-fitomorfiche, in questi dipinti dell'artista abruzzese è la sola forma a trasmigrare in altre secondo una intima legge di necessità naturale, apparentemente propria alla sola arte. A ben riflettere, invece, ci accorgiamo come la stesa realtà del cosmo che ci circonda sia visivamente concepibile alla stregua di unica massa plastica pluridimensionale data in un certo istante; in quello immediatamente successivo quella forma fittiziamente congelata dal pensiero è del tutto diversa, anche considerando la sola componente stellare caratterizzala da continue nascite e morti, e per esse, dall'accrescimento e dalla diminuzione dell'energia atomica complessivamente presente in un dato attimo, variazioni che modificheranno a loro volta, ed immancabilmente, ogni preesistente stato volumetrico, ulteriormente slargato dall'inarrestabile espansione in atto dell'universo. Ma la cosmogonia propostaci da Lia Garofalo lungi dall'essere compiuta e sistematica, e problematica quanto mai, concentrata come è in ogni singolo quadro, assunto a frammento emblematico del Tutto, nonch&eacuta specchio e doppio di quei campi astrali in cui materia ed energia si attraggono e respingono, si potenziano reciprocamente o si distruggono, trasformandosi e rinnovando la loro preesistente forma originaria. I continui sobbalzi, straripamenti di una fluida, acquatica ed aerea superficie pittorica ora in lievitazione, ora in ebollizione; gli aggettanti grumi materici da sfiorare con le dita per ripercorrere tattilmente la malferma memoria di fantasmatici paesaggi interiori plasmati dalla psiche; il ritmo sincopato degli innumerevoli incastri timbrici luministicamente esaltati con poche gamme di grigi o annottati con neri trapassati dai fugaci bagliori di blu, viola, gialli e rossi; il turgore di una linfatica energia premente dall'interno all'esterno e che sta lì lì per esplodere da un momento all'altro; in sintesi, il pressoch&eacuta totale azzeramento fabulatorio di una pittura-pittura sorretta dalle sole forze della forma-colore o del colore-forma che dir si voglia, è in ultima analisi il portato più pregnante delle Fluttuazioni. A loro volta distinguibili in due distinti subcicli. Nelle opere riconducibili al primo, la mancanza di linee d'orizzonte prospettiche consente alla forma di espandersi liberamente in ogni direzione, quasi che l'impossibilità di orientamento (vicino-lontano, alto-basso) possa meglio favorire una virtuale, libera navigazione visiva, del fruitore tra i meandri di instabili equilibri zoomati negli avvallamenti e nelle impennate di spumeggianti marosi. Nel secondo, due masse dialetticamente interagenti, pur evocando improbabili referenti paesaggistici del cielo (parte superiore più statica, in cui domina la componente tonale del colore) e del mare-terra (parte inferiore, dinamizzata con accentuate increspature del pigmento) di fatto negano ogni riconoscibilità fisica di cieli, mari, terre e vegetazioni creativamente rimescolati e trasfigurati dall'effervescente fantasia - a tratti surreale - di Lia Garofalo. Ma attenzione. Le Fluttuazioni non ci aiutano ad evadere da una realtà rinnegabile in blocco, o idealisticamente sublimabile. Ci conducono, invece, dritto dritto in quegli aggrovigliati abissi dell'inconscio riportati crudamente in superficie, anzi sulla superficie pittorica, senza alcun pacificante compromesso, n&eacuta esistenziale, n&eacuta tanto meno estetico. Angosce ed inquietudini non si esorcizzano chiudendo gli occhi, bensì aprendoli: e molto bene, se si vuole guardare "realmente" in profondità, nei recessi più inaccessibili di questa scabra, quanto attraente materia cromatica rigenerata dalla felice contaminazione di un neo-informale innervato da sussulti

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